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Omega-3: se li ricavi dal pesce, i danni superano i benefici

09 Giugno 2020
Tempo di lettura: 9 minuti

Capsule olio di pesce omega-3

In tanti consigliano di consumare pesce per il suo contenuto in acidi grassi omega-3, ma numerosi studi suggeriscono che i danni sono superiori ai benefici. È vero che come nutriente gli omega-3 hanno effetti positivi, ma occorre considerare da dove tale nutriente è ricavato e a quali altre sostanze si accompagna.

Gli omega-3 sono antinfiammatori, promuovono la salute del cervello, sono associati a un rischio ridotto di attacchi cardiaci negli onnivori che seguono la dieta standard occidentale. [1, 2]

Allo stesso tempo, però, tutti i prodotti animali, incluso il pesce, sono la fonte principale di grassi saturi e l'unica fonte di colesterolo nella dieta, entrambi fattori che contribuiscono ad aumentare il colesterolo nel sangue, l'infiammazione nell'organismo e il rischio di attacchi cardiaci e ictus.

Inoltre, il pesce è la principale fonte di esposizione al mercurio e anche questo aumenta il rischio di morte per malattie cardiovascolari. [3-5]

Da ciò si evince facilmente quanto sia contraddittorio voler assumere gli omega-3 dal pesce: i benefici di questi acidi grassi per la prevenzione delle malattie cardiovascolari sono annullati dall'aumento di rischio per le stesse malattie dovuto a colesterolo, grassi saturi, mercurio presenti nel pesce.

E l'olio di pesce?

Si potrebbe pensare che consumare integratori di olio di pesce sia una soluzione, per assumere gli omega-3 senza il problema dei grassi saturi e colesterolo. Ma è stato dimostrato da molti studi che in realtà l'olio di pesce non porta benefici.

Una metanalisi che ha preso in esame i risultati di 20 diversi studi ha concluso che l'utilizzo di integratori di omega-3 a base di olio di pesce, in un periodo di 2 anni, non ha avuto alcun effetto positivo sul rischio di morte per malattie cardiovascolari, attacchi cardiaci e ictus [6].

Un'altra metanalisi di 14 studi ha trovato risultati simili: gli integratori di olio di pesce non hanno protetto da un secondo attacco cardiaco un gruppo di persone che aveva già avuto un attacco, né da altre malattie collegate [7].

Altri studi hanno concluso che:

Al contrario, l'assunzione di omega-3 da fonti vegetali (noci, semi di chia e di lino) può offrire una reale protezione dalle malattie cardiache [13].

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Ricaviamo gli omega-3 da fonti vegetali

In tutto questo, non abbiamo preso in considerazione la sostenibilità: in aggiunta ai danni alla salute, il consumo di pesce non è sostenibile, né con la pesca in mare né con l'allevamento. Sono ben noti i danni provocati dalla pesca selvaggia e l'inquinamento diffuso dagli stabilimenti di acquacoltura. Ancor peggio per il consumo di olio di pesce, dato che lo spreco è ancora maggiore.

Perciò l'unico modo realistico e attuabile per ricavare gli omega-3 è da fonti vegetali, per tutti, non solo per chi segue un'alimentazione plant-based. Inoltre, la dieta 100% vegetale già da sola è in grado di prevenire (e anche curare) le malattie cardiovascolari e contiene zero colesterolo.

Il nostro corso ECM on-line per i professionisti della salute (ma aperto anche al pubblico generale) illustra tutti i vantaggi della dieta vegetale per la prevenzione e cura di numerose patologie, spiega il metodo del PiattoVeg e le caratteristiche degli alimenti vegetali.

Per quanto riguarda gli omega-3, possiamo dire in breve che essi sono ricavati dai vegetali in forma di ALA (Acido Alfa Linolenico), l'unico grasso essenziale di tipo omega-3, vale a dire l'unico che il nostro organismo non è in grado di costruire e deve quindi ricavare dall'alimentazione.

Gli ALA si trovano nei semi e olio di lino, nei semi di chia e nelle noci, tutti alimenti molto semplici, sostenibili, che non provocano alcun danno e si trovano in qualsiasi supermercato (tranne l'olio di lino, di più difficile reperibilità, anche perché solo quello venduto in banco frigo contiene davvero omega-3).

Il nostro organismo converte gli ALA, detti "acidi grassi a catena corta" in acidi grassi "a lunga catena", DHA e EPA. Il tasso di conversione è sufficiente per ottenere la quantità corretta di omega-3 a lunga catena: lo studio EPIC ha evidenziato che le donne vegan hanno quantità maggiori di omega-3 nel sangue rispetto a quelle onnivore, a quelle latto-ovo-vegetariane e a quelle che non consumano carne ma consumano pesce. [14]

La conclusione è stata che nelle persone che non consumano pesce, il tasso di conversione da ALA a EPA e DHA potrebbe essere naturalmente più alto.

Quanti cibi ricchi di omega-3 dobbiamo assumere?

Per ottenere un apporto ottimale di omega-3 è sufficiente seguire le raccomandazioni del PiattoVeg. Ribadiamo che non si tratta di raccomandazioni necessarie per chi è vegan, ma per tutti. La dieta onnivora media contiene pochi omega-3 e chi consuma carne e pesce ne ha invece molto più bisogno, visto che è più a rischio di malattie cardiovascolari.

Le raccomandazioni per PiattoVeg suggeriscono di consumare 2 porzioni di cibi ricchi di omega-3, dove una porzione è, a scelta:

Fonte: Fact-sheet del PCRM, Health Concerns About Fish

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References dell'articolo

  1. Hu FB, Bronner L, Willett WC, et al. Fish and omega-3a fatty acid intake and risk of coronary heart disease in women. JAMA . 2002;287:1815-1821.

  2. Siscovick DS, Raghunathan T, King I, et al. Dietary intake of long-chain n-3 polyunsaturated fatty acids and the risk of primary cardiac arrest. Am J Clin Nutr. 20 0 0;71:20 8S -212S.

  3. Guallar E, Sanz-Gallardo MI, van’t Veer P, et al. Heavy metals and myocardial infarction study group. Mercury, fish oils, and the risk of myocardial infarction. N Engl J Med . 20 02;347:1747-175 4.

  4. Salonen JT, Seppanen K, Nyyssonen K, et al. Intake of mercury from fish, lipid peroxidation, and the risk of myocardial infarction and coronary , cardiovascular, and any death in eastern Finnish men. Circulation. 1995;91:645-655.

  5. Virtanen JK, Voutilainen S, Rissanen TH, et al. Mercury, fish oils, and risk of acute coronary events and cardiovascular disease, coronary heart disease, and all-cause mortality in men in eastern Finland. Arterioscler Thromb Vasc Biol . 2005;25:228-233.

  6. Rizos EC, Ntzani EE, Bika E, Kostapanos MS, Elisaf MS. Association between omega-3 fatty acid supplementation and risk of major cardiovascular disease events: a systematic review and meta-analys is. JAMA. 2012;308:1024-1033.

  7. Kwak SM, Myung SK, Lee YJ. Efficacy of omega-3 fatty acid supplements (eicosapentaenoic acid and docosahexaenoic acid) in the seconda ry prevention of cardiovascular disease: a meta-analysis of random ized, double-blind, placebo-controlled trials. Arch Intern Med. 2012;172:986- 994.

  8. The ASCEND Study Collaborative Group. Effects of n−3 fatty acid supplements in diabetes mellitus. N Engl J Med. 2018;379:1540 -1550.

  9. Dangour AD, Allen E, Elbourne D, et al. Effect of 2-y n23 long-chain polyunsaturated fatty acid supplementation on cognitive function in older people: a randomized, double-blind, controlled trial. Am J Clin Nutr. 2010;9:1725 -1732.

  10. Quinn JF, Rama R, Thomas RG, et al. Docosahexaenoic acid supplementation and cognitive decline in Alzheimer disease. JAMA. 2010;304:1903-1911.

  11. Brasky TM, Darke AK, Song X, et al. Plasma phospholipid fatty acids and prostate cancer risk in the SELECT Trial. J Natl Cancer Inst. 2013;105:1132-1141.

  12. Crowe FL, Appleby PN, Travis RC, et al. Circulating fatty acids and prostate cancer risk: individual participant meta-analysis of prospectiv e studies. J Natl Cancer Inst. 2014;106:dju240-dju250.

  13. Abdelhamid AS, Brown TJ, Brainard JS, et al. Omega 3 fatty acids for the primary and secondary prevention of cardiovascular disease . Cochrane Database Syst Rev. 2018 ;11:CD 0 0 317 7.

  14. Welch AA, Shakya-Shrestha S, Lentjes MA, Wareham NJ, Khaw KT. Dietary intake and status of n-3 polyunsaturated fatty acids in a population of fish-eating and non-fish-eating meat-eaters, vegetarians, and vegans and the product-precursor ratio [corrected] of a -linolenic acid to long-chain n-3 polyunsaturated fatty acids: results from the EPIC-Norfolk cohort. Am J Clin Nutr. 2010;92:1040-1051.

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